giovedì 9 gennaio 2014

Tamburo Bendir




Il bendir è un tamburo a cornice orignario del Nordafrica, è largamente diffuso  e il suo uso è legato alle  tradizioni rurali e alle cerimonie. La cornice è in legno, del diametro generalmente compreso tra 40 e 70 cm; non presenta cembali a differenza del tamburello o del riq egiziano. Spesso possiede un foro sul lato, dove inserire il pollice per facilitare la presa e il controllo dello strumento. La membrana è di pelle di capra e viene incollata o talvolta inchiodata sulla cornice. Sotto la pelle sono tese alcune corde di risonanza che danno al tamburo un classico suono "ronzante" e svolgono la stessa funzione della cordiera in un rullante. In origine, queste stringhe sono in budello animale, ma negli strumenti più turistici e commercializzati oggi è largamente diffuso il nylon. Normalmente viene sorretto dalla mano sinistra, in particolare dal pollice. La mano destra, libera, produce i suoni in rilievo, quali Dum, dove tutte e quattro le dita colpiscono insieme il bordo del tamburo e Pa, dove le dita tenute allargate colpiscono il centro del tamburo non facendo risuonare la pelle. Accenti deboli sono suonati anche dalle dita libere della mano sinistra.




Danza dei Salii




Questa danza maestosa è considerata una tra le più sacre dell’impero romano, deriva dal verbo latino “salire” cioè danzare. I sacerdoti chiamati appunto Salii praticavano questa danza in onore al dio Marte. La danza era eseguita durante ad una complessa cerimonia pubblica fatta nei mesi di marzo e ottobre, all’inizio della stagione della guerra. La cerimonia consisteva in una lunga processione che durava per 20 giorni, durante la quale, su luoghi già designati, i sacerdoti  iniziavano a danzare battendo le lance sugli scudi e inneggiando una canzone. Secondo la tradizione, la processione era stata istituita dal re Numa Pompilio e aveva lo scopo di mostrare pubblicamente i dodici scudi sacri. Era una danza collettiva eseguita su un ritmo ternario, con due cori (degli anziani e dei giovani) che ripetevano i movimenti di una solista girando in cerchio al ritmo dei colpi battuti sugli scudi.

mercoledì 8 gennaio 2014

ORULA




Orula (chiamato anche Orunmila), è l’Orisha della saggezza, della conoscenza e della divinazione. E’ venerato principalmente nell’ovest dell’Africa, a Cuba, Brasile e negli Stati Uniti. I suoi seguaci e sacerdoti son conosciuti con il nominativo di “Babalawo”. In Africa Orula è riconosciuto come uno spirito primordiale presente al momento della creazione, e che discende in mezzo agli uomini come un sacerdote per insegnare  una forma avanzata di conoscenza e dell'etica spirituale. Nella religione Yoruba è uno spirito che conosce il destino di ogni uomo ed è l’incarnazione dela conoscenza e della saggezza di Ifà.  Inoltre Orula Lavora con erbe e radici per curare le persone. I suoi colori sono il giallo e il verde, e il suo eleke (collana di perline) è fatto di perline gialle e verdi, alternate.


 Orula protegge contro la malattia mentale e la pazzia. Nella religione cattolica, è sincretizzato con San Francesco d'Assisi, la cui festa è il 4 ottobre.


martedì 7 gennaio 2014

La musica degli Aborigeni australiani




Molto differente da quella dei negriti, la cultura degli aborigeni australiani è molto antica e profonda, si tratta di una cultura prevalentemente legata ai riti magico religiosi, e riti musicali molto ricchi e complessi; come si può ben capire anche la musica è legata alla religione. Ciò che sorprende è anche il loro tenore di vita, molto rozzo e arretrato, è caratterizzato dal fatto di essere nomadi e di ignorare la pastorizia e l'agricoltura e si servono di piccoli utensili fatti con mezzi di fortuna (pietre, legname e fango ecc.); eppure la loro organizzazione è una delle più progredite del mondo primitivo.I canti e i balli degli australiani appaiono sempre come se fossero la risposta alle esigenze segrete di un "essere" superiore. Le parole vengono cantate in registro grave e vengono pronunciate molto velocemente e a bassa voce, per non farsi sentire dagli spiriti maligni. Gli aborigeni fanno una profonda distinzione fra la musica sacra e quella profana, ma cambiano solo i temi e le parole. Uno degli strumenti principali che da sempre fanno parte della cultura aborigena è il didjeridu.